Un ragazzo durante una passeggiata in montagna, trovò tra le rocce un uovo di aquila.
Tornando alla fattoria, lo mise nel nido di una chioccia.
L’uovo si schiuse, assieme agli altri pulcini.
Per tutta la vita l’aquila si comportò come i polli del cortile, pensando di essere uno di loro.
Un giorno vide sopra di se, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante.
L’aquila alzò lo sguardo sorpresa: “Chi è quello?” chiese. “E’ l’aquila : il re degli uccelli” rispose un pollo.
“Appartiene al cielo, mentre noi apparteniamo alla terra”.
E così l’aquila visse e morì come un pollo, perché pensava di essere tale.
(De Mello)

Tutto questo è un invito a riflettere sulla propria situazione, su chi siamo in un determinato momento e se siamo in equilibrio rispetto a quello che riusciamo a fare e quello che vorremmo fare, ovvero tra le nostre potenzialità e i nostri desideri.
Tutte le volte che ci sentiamo così, tendenzialmente, ci stiamo comportando come il pollo della favola. Un po’ una sorta di non voler guardare in faccia la realtà perché ci spaventa troppo, perché è più difficile da affrontare, perché ci costringerebbe ad uscire dalla nostra comfort zone. Quello che viene descritto nella storia, infatti, è l’abitudine a restare fermi nel proprio ruolo, quello che ci è stato attribuito in un certo momento della nostra vita. L’aquila, anche quando vede un suo simile volare libero nel cielo, preferisce prestare ascolto alle parole del suo amico piuttosto che porsi delle domande sulla propria natura. Cambiare, provare a volare più in alto dei pochi centimetri a cui si era abituata per tutta la vita, sarebbe risultato troppo faticoso e troppo pericoloso.
La domanda sulla quale l’autore ci invita a riflettere dovrebbe essere la seguente: Noi sappiamo chi siamo? Siamo consapevoli della nostra natura e di quello che abbiamo dentro?