
Siamo in una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti.
Siamo bloccati nelle nostre case e sappiamo già che – quando potremo uscirne – la nostra vita non potrà essere quella di prima.
Va bene fare gli applausi ai medici e agli infermieri.
Ascoltare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ci ringrazia perché rispettiamo il lockdown.
Vedere i grandi brand che fanno pagine di pubblicità sui giornali per dire anche loro “grazie” .
Ma non basta.
Questo è il momento in cui abbiamo l’opportunità di contribuire a dare forma alla vita che verrà poi.
Senza subirla.
Di fare cose “non perché sono semplici…”.
È l’ora dell’impresa.

Si esce dalla crisi entrando in un mondo nuovo.
Con tutte le cose che dovremo ricostruire (abitudini, business, relazioni), che cosa vogliamo preservare e che cosa scegliamo di lasciare andare?
Ancora più importante,
che cosa vogliamo incorporare nella nuova vita, che prima mancava o non c’era abbastanza?
Dovremo convivere con il coronavirus per un paio di anni almeno, dicono gli esperti.
Con che altro vogliamo vivere negli anni a venire?
Contro cosa vogliamo vaccinarci?
Abbiamo bisogno di una idea di futuro che ci faccia superare la perdita e la paura.
Abbiamo bisogno di una versione di futuro che ci faccia venir voglia di rimboccarci le maniche per realizzarla.
L’immaginazione definisce la destinazione.

Prenderemo la metropolitana con guanti e mascherine e treni affollati?
Torneremo a soffocare nel traffico e nelle polveri sottili?
Ci rinchiuderemo nei grandi centri commerciali con la luce artificiale e l’aria condizionata?
Non è ciò che sogniamo in questi giorni.
Oggi dopo tanti anni,
vediamo le stelle nel cielo meno inquinato di Milano.
Io non voglio perderle.
Voi?
Immaginate se quella che oggi chiamiamo “fase 2” fosse un piano straordinario per il rinnovamento delle nostre città,
con interventi per costruire quelle piste ciclabili o camminabili che sarebbe stato impossibile realizzare senza paralizzare il traffico in giorni normali.
Pensate se approfittassimo da subito delle scuole chiuse. . . . per metterle in sicurezza, digitalizzarle, per migliorare le palestre.
Se inondassimo tutti parchi di attrezzature sportive, sparpagliandole qua e là, in crisi di astinenza da attività all’aria aperta.
Se riempissimo le nostre città di fontane, dove lavarci più spesso le mani e riempire le nostre borracce di acqua, mettendo al bando le bottiglie di plastica.

Quanti di noi – dopo questa fase di reclusione metropolitana e lavoro da remoto – avrebbero voglia di trasferirsi in un centro più piccolo, magari in montagna o vicino al mare, se solo ci fosse la garanzia della banda larga, anche per avere un costo della vita più basso?
Allora forse i finanziamenti del governo potrebbero favorire la riapertura di attività commerciali essenziali innanzitutto nei bellissimi borghi italiani semi abbandonati…
Dobbiamo concentrarci meno sul Covid-19 e più sul mondo che vorremmo.
Non dobbiamo pensare alla vita di prima meno quel che il virus non ci consente.
Ma a una vita diversa con più cose che per noi sono importanti.
E poi conciliare quel progetto con la tutela della salute nostra e degli altri.

di Luca Casilli (Autore) Visualizza tutti i formati e le edizioniCopertina flessibile
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L’Italia del dopoguerra non è risorta solo con il denaro del piano Marshall.
È ripartita grazie allo spirito imprenditoriale che ha creato il tessuto della nostra piccola e media impresa.
Forse è giunto il momento di rispolverarlo, di liberare le energie, di collaborare di più anche con imprenditori di tutto il mondo per replicare le buone idee e adattarle al nostro contesto.
Una cosa il virus ce l’ha insegnata:
i confini non esistono.
Agli italiani, alla patria di Leonardo da Vinci, non mancano le idee.
Manca una conversazione sulle idee.
Chiamiamo il nostro Belpaese, ed è bello davvero.
Non basta più dire Grazie a chi ci sta aiutando a sopravvivere, è il momento di pensare a cosa rende bello il nostro vivere, di avere visioni, di creare e comunicare idee di futuro possibili.
FONTE : linkedin.com
L’ha ripubblicato su Una Cucina di Coccole.
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