COSA VOGLIAMO PER I BAMBINI

Qualche tempo fa, navigando in quel vasto universo, rappresentato da Internet, mi sono imbattuta in una foto raffigurante una delle nostre tante piazze. Il soggetto della foto non era di per sé particolarmente interessante, né lo era l’inquadratura della foto. Sembrava più una foto scattata frettolosamente, quasi per caso.

La particolarità della foto andava in realtà oltre lo scatto in sé, e stava nei tanti cartelli di divieto affissi uno sopra l’altro che decoravano uno dei lampioni. Il primo vietava di giocare a palla, il secondo l’uso delle biciclette e il terzo quello dei monopattini. Sembrava strano che, a quel punto, non vietassero ai bambini direttamente l’accesso alla piazza. Almeno in quel modo, non avrebbero dovuto far ricorso a tutti quei cartelli. Più pratico, oltre che più economico.

Di lì a poco ho assistito ad un’altra scena particolare. Tardo pomeriggio, papà e mamma che passeggiano spingendo un bambino comodamente adagiato sul suo passeggino. All’improvviso, per qualche inspiegabile capriccio, il bimbo comincia a piangere. I genitori sembrano, però, avere già pronto il modo di calmarlo. Il padre, infatti, tira fuori dal borsello il telefono e lo passa al bambino, che come se lo stesse aspettando lo afferra e recupera subito la calma.

Quello che vogliamo richiede pazienza

Perché riportare questi due episodi? Perché rappresentano benissimo il tema di ciò che vogliamo nell’immediato e ciò che vogliamo nel futuro. Ci piacerebbe che i nostri figli fossero creativi, però nel loro programma di studi premiamo quelli che meglio ripetono quanto detto dal maestro. Vogliamo bambini in buona salute, ma ci agita vederli sguazzare tra le pozzanghere per divertimento in una giornata di pioggia. Vogliamo bambini curiosi ma non facciamo alcuno sforzo per rispondere alle loro domande. Perché i bambini, affinché diventino come noi li vogliamo, hanno bisogno dei nostri sforzi, della nostra mano ferma.

Non va bene che un bambino resti in silenzio senza tramare qualcosa. Non va bene che un bambino non voglia giocare con i propri genitori e preferisca lasciarli in pace quando rientrano a casa. Non va bene che un bambino guardi la pioggia e la neve con aria triste senza voler giocare con loro. Dobbiamo capire che spesso ciò che è ingiusto è anche ciò che è più comodo: il ceffone, il tablet o il rimprovero. È sbagliato proibire ai bambini di giocare nelle piazze, quando dovremmo invece usare quelle stesse piazze come spazi educativi nei quali insegnare loro a convivere con gli altri. È sbagliato che il vicino si infastidisca per gli schiamazzi e non sia disposto a tollerarli un po’…

I bambini hanno bisogno di disciplina, limiti, ma soprattutto della nostra pazienza, della nostra mano ferma e della nostra coerenza… perché per loro noi siamo quelli che pensano e loro quelli che giocano, o almeno quelli che dovrebbero giocare.

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